| Quella società che vale settantottomila volte i suoi utilidi Marco Liguori e Salvatore NapolitanoSALVATORE NAPOLITANO - Desidero anzitutto presentarmi; sono Salvatore 
        Napolitano e, insieme a Marco Liguori, da più di un anno e mezzo 
        ho cominciato ad occuparmi del calcio da un punto di vista economico-finanziario. 
        Non siamo giornalisti sportivi; anzi, non sempre abbiamo potuto capire 
        le regole del calcio (rigori, fuorigioco, e quant'altro). Abbiamo, poi, 
        riassunto quanto avevamo fatto in un libro. Abbiamo assistito alla cronaca 
        di uno sfascio; la vicenda rappresenta il quadro di uno sfascio economico 
        e di uno sfascio anche di regole non rispettate. Lo sfascio economico 
        si vede dai numeri; pertanto, prendiamo in considerazione i bilanci al 
        30 giugno 2003 delle principali società. Soprattutto, esaminiamo 
        il risultato operativo, che attiene specificamente alla produzione dello 
        spettacolo calcistico. La Juventus, la società i cui conti sono 
        migliori di quelli di tutte le altre, ha perso circa 44 milioni di euro; 
        il Milan ne ha persi circa 54; l'Inter, 74... No, sto parlando ancora 
        di risultato operativo; quindi, prima dei risultati della gestione straordinaria 
        e delle plusvalenze cosiddette fittizie (che fittizie, peraltro, lo sono 
        davvero). La Lazio ha perso 131 milioni di euro e la Roma 98. Poi intervengono 
        le gestioni straordinarie e, quindi, le plusvalenze fittizie e, con tale 
        intervento, il rosso di bilancio si attutisce. La Juventus passa addirittura in utile, di 2 milioni, con una plusvalenza 
        immobiliare; il 30 giugno 2003, vende il 27 per cento di una sua controllata, 
        che si chiama Campi di Vinovo, alle Costruzioni generali Gilardi Spa. 
        Ottiene una plusvalenza di 32 milioni e mezzo di euro; se, dunque, il 
        27,2 per cento vale 37 milioni di euro venduti, la valutazione di questa 
        società è pari a poco più di 130 milioni di euro. 
        La Campi di Vinovo ha ottenuto un utile di 4 mila euro, al 30 giugno 2003, 
        per un rapporto prezzo-utile che fa più o meno 78 mila. Al riguardo, 
        ricordo che, in borsa, quando il rapporto prezzo-utile è 13, quella 
        è la media storica; chiarisco tale aspetto giusto per dare un'idea 
        di come vengano fatti i prezzi e di come si raggiungano, poi, i risultati 
        finali. Mi riferisco alla Juventus perché tutti dicono che è 
        la società che ha i conti a posto: invero, li ha soltanto meno 
        critici delle altre. Non sono neanche d'accordo circa la ricostruzione 
        secondo la quale i diritti televisivi sarebbero diminuiti; l'anno scorso, 
        Juventus e Milan, che sono le due maggiori società, hanno battuto 
        il record assoluto del fatturato; nessuna società aveva mai raggiunto 
        tali cifre. La Juventus è arrivata a 218 milioni di euro; il Milan 
        a 203; ma, nonostante il record assoluto del fatturato, questi sono i 
        conti.
 Per quanto riguarda il capitolo relativo alle plusvalenze fittizie, i 
        dirigenti del calcio sono venuti in Parlamento un anno fa con il cappello 
        in mano chiedendo la famosa legge salva-calcio, spalma-perdite o spalma-ammortamenti. 
        Si trattava della legge n. 27 del 21 febbraio 2003. Essi avevano promesso 
        maggior rigore nei conti e avevano assicurato che non avrebbero più 
        fatto artifici di bilancio. Al 30 giugno 2003 il Milan ha ceduto all'Inter 
        quattro giocatori, i cui nomi sono Brunelli, Deinite, Giordano e Toma, 
        mentre l'Inter ha ceduto al Milan altri quattro giocatori, i cui nomi 
        sono Ferraro, Livi, Ticli e Varaldi. Ciascuno di essi è stato valutato 
        tre milioni e mezzo di euro. Credo che i direttori dei giornali, che sono 
        valentissimi conoscitori del calcio, non conoscano nessuno di questi otto 
        giocatori. Tutto è iscritto nel bilancio, verificato e certificato 
        dalle società di certificazione. Quindi, non c'è rigore, 
        non c'è moralizzazione, non c'è nulla. Faccio due esempi 
        per chiarire il rapporto esistente tra le società di calcio, la 
        legge e le regole. Si è discusso negli anni passati dell'IRAP, 
        che è una tassa molto nota. L'Agenzia delle entrate ha ritenute 
        che si dovesse procedere a tassazione IRAP sulle plusvalenze derivanti 
        dalla vendita dei calciatori. La Lega calcio è intervenuta con 
        una sua nota interpretativa, asserendo che non dovesse essere così. 
        Nessuna delle società ha pagato l'IRAP sulle plusvalenze derivanti 
        dalla vendita dei calciatori. Quindi, le società hanno scelto l'allora 
        interpretazione della Lega calcio e non quella dell'Agenzia delle entrate, 
        che magari conta un po' di più in questo campo.
 Il secondo esempio riguarda l'anno passato e, in particolare, l'applicazione 
        della legge n. 27 del 2003, che - come tutti sapete - viola la quarta 
        direttiva CEE, il codice civile e i principi contabili nazionali e internazionali. 
        Essa è stata applicata anche in modo furbesco perché l'OIC, 
        l'organismo italiano di contabilità, aveva stabilito le modalità 
        di applicazione di tale legge. La Lega calcio ha emanato un documento, 
        chiamato Raccomandazione contabile, indicando a sua volta come doveva 
        essere applicata questa legge. Come dice la Lazio nel suo bilancio di 
        esercizio, l'applicazione secondo le norme dettate dalla Lega calcio ha 
        procurato una minore perdita sul bilancio della Lazio pari a 54 milioni 
        di euro. Non sono cifre da poco: 54 milioni di euro corrispondono a 100 
        miliardi di lire. È un'applicazione furbesca, perché la 
        legge consente di iscrivere l'ammontare della svalutazione nel primo bilancio 
        da Approvare successivamente alla data di entrata in vigore della legge. 
        La legge è entrata in vigore il 21 febbraio e il primo bilancio 
        si chiudeva il 30 giugno. Quindi, il 30 giugno una società calcola 
        il valore del patrimonio calciatori secondo l'ammortamento dell'anno, 
        si accorge che c'è la svalutazione, svaluta e questo minor valore 
        lo ripartisce in dieci anni. Invece, le società di calcio, in base 
        a ciò che ha detto la Lega calcio, calcolano il valore al 30 giugno 
        2002 ed è in base a questo parametro che svalutano. Però, 
        la svalutazione è effettuata a febbraio, cioè dopo le assemblee 
        di bilancio che si svolgono a novembre. In quel mese, infatti, avrebbero 
        dovuto accorgersi di questa svalutazione, solo che non c'era la legge 
        e hanno fatto finta che quei valori fossero quelli veri. Ma non stiamo 
        parlando di briciole. L'Inter ha svalutato il patrimonio calciatori di 
        319 milioni di euro, ossia, partendo da un patrimonio di 360 milioni di 
        euro, improvvisamente è sceso di 319 milioni di euro. È 
        qualcosa di inaudito. Si tratta di una svalutazione del 90 per cento. 
        Neanche l'indice tecnologico Nasdaq è riuscito a crollare del 90 
        per cento in due settimane; ci ha messo due anni e mezzo. In questa pessima 
        classifica, dietro l'Inter ci sono il Milan, che ha svalutato per 242 
        milioni di euro, la Lazio per 212 e la Roma per 133. Sono le maggiori 
        squadre.
 Quindi, il sistema del calcio italiano attualmente è il seguente: 
        se hai un azionista di riferimento forte alle spalle, che ripiana le perdite, 
        perché tanto più o meno sono tutti in perdita, reggi. Qualche 
        anno fa c'erano le sette sorelle. Quante ne sono rimaste? Probabilmente 
        solo tre. Infatti, la Fiorentina si è dispersa nei mari della C2 
        e adesso si trova in serie B. La Lazio si trova nella situazione che tutti 
        conoscono, una situazione gravissima, perché, essendo quotata in 
        borsa, ci sono delle radio romane che inciteranno i tifosi a sottoscrivere 
        un aumento di capitale, non si sa sulla base di quale presupposto. La 
        Roma si è salvata probabilmente perché il presidente Sensi 
        ha impegnato metà del suo patrimonio personale, ossia il 49 per 
        cento di Italpetroli venduto a Capitalia. Per quanto riguarda il Parma, 
        c'è stata la catastrofe della Parmalat. Restano Juventus, Milan 
        e Inter. Per quanto riguarda il Napoli - come ha detto giustamente prima 
        il direttore Calabrese - non si capisce come mai non abbia ancora portato 
        i libri contabili in tribunale. Comunque, le sue cifre sono spaventose. 
        Questa è la situazione per quanto riguarda la violazione delle 
        regole.
 Rispetto ai rapporti dei dirigenti, il presidente Franco Carraro ha una 
        duplice veste, perché è anche un banchiere d'affari ed è 
        il numero uno di una banca che si chiama MCC e che appartiene al gruppo 
        Capitalia. Tale gruppo è socio della Lazio e l'ha salvata per tutto 
        l'anno passato, garantendo gli stipendi, l'aumento di sottoscrizione e 
        la sottoscrizione dell'aumento di capitale del luglio scorso. Attualmente 
        il gruppo detiene all'incirca il 30 per cento della Roma, visto che ha 
        il 49 per cento della compagnia Italpetroli, che ha il 95 per cento della 
        Roma 2000 Srl, che ha il 65 per cento della Roma; quindi, facendo le proporzioni, 
        Capitalia detiene circa il 30 per cento della Roma. Capitalia ha anche 
        il 99,5 per cento delle azioni del Perugia in pegno. E non solo: all'interno 
        del gruppo di Capitalia i soci, per esempio, sono Massimo Moratti, che 
        è entrato nel patto di sindacato di Capitalia, la regione Sicilia 
        e Calisto Tanzi, che era consigliere di amministrazione fino al dicembre 
        scorso. Vi è quindi un intreccio di interessi mostruoso. In MCC 
        il 3 per cento appartiene alla Fininvest, quindi all'azionista di riferimento 
        del Milan, e un altro 3 per cento a Telecom Italia, quindi al gruppo di 
        Tronchetti Provera, che è sponsor e azionista dell'Inter. Lo ripeto, 
        questi sono intrecci mostruosi, tanto è vero che nel nostro libro, 
        con una battuta, abbiamo detto: per evitare incidenti recatevi alla sede 
        di Capitalia, mettete un bel tavolo di Subbuteo e giocate così 
        il campionato, perché tanto, più o meno, gli attori sono 
        tutti lì.
 Come ultima questione, vorrei parlare delle regole per l'iscrizione al 
        campionato. L'anno scorso il Consiglio federale si vantò di avere 
        introdotto regole rigidissime in cambio della legge spalma-perdite e dichiarò 
        che sarebbe stato rigidissimo nell'applicazione. Inventarono così 
        un nuovo parametro: patrimonio netto diviso attivo patrimoniale, che non 
        doveva essere inferiore a 0,50. La squadra che aveva il miglior rapporto 
        era la Juventus, con 0,21, meno della metà di quanto richiesto. 
        Pertanto, in base a quel criterio, nessuna squadra avrebbe potuto iscriversi 
        al campionato. Fu deciso che quei parametri non sarebbero stati rispettati 
        perché troppo rigidi. Quest'anno li hanno leggermente ammorbiditi 
        e hanno detto che il parametro non dovrà essere inferiore a 0,10. 
        Su tutti i testi di economia aziendale risulta che un'azienda che abbia 
        questo parametro inferiore a 0,33 si trova in una situazione di dissesto 
        finanziario. Ora, i dirigenti del calcio sostengono che le regole e i 
        parametri sono rigidi anche se il parametro non è inferiore a 0,10, 
        ossia una condizione di dissesto tripla rispetto a quella certificata 
        da tutti i libri.
 MARCO LIGUORI - Vorrei fare solo un'aggiunta. Prima si parlava degli impianti 
        e degli stadi. All'estero essi sono di proprietà dei club, soprattutto 
        in Inghilterra e in Spagna, mentre in Italia sono di proprietà 
        comunale. A Torino c'è stato il grazioso regalo dello stadio delle 
        Alpi, che è stato dato in cogestione con diritto di superficie, 
        con la possibilità di edificare all'interno e all'esterno dello 
        stadio stesso per 54 mila metri quadrati, dal comune di Torino alla Juventus 
        tramite una convenzione. Il problema è la determinazione del prezzo. 
        La delibera è stata approvata con una maggioranza bipartisan, quindi 
        dalla maggioranza dell'Ulivo e dall'opposizione della Casa delle libertà, 
        con il voto contrario solo di Rifondazione comunista. Il prezzo è 
        stato fissato a 25 milioni complessivi per 99 anni. Trattandosi di 54 
        mila metri quadrati, il prezzo al metro quadrato è stato di 4,68 
        euro. A Torino se si intende installare un banco di fiori o per il commercio 
        di libri usati si spendono 76,65 euro. Quindi si è concesso il 
        patrimonio comunale ad un prezzo estremamente basso ad una società, 
        la Juventus, che si afferma essere privata. La situazione non cambia per 
        le altre società che stanno avendo più o meno la stessa 
        idea. Le istituzioni dovrebbero sensibilizzarsi sulla concessione delle 
        proprie strutture a società private.
 (Fonti: 
	  www.ilmanifesto.it)   |